La luna e il vagonetto. Ovvero, il diuturno fragore della meccanica





Il progetto delle funicolari del carbone Savona-S.Giuseppe è presentato a Milano nel 1903, dagli ingegneri Antonio Carissimo e Giovanni Crotti. Legare il porto all'entroterra, con un cavo d'acciaio, oltrepassando la montagna, per superare i limiti strutturali del porto, carente di spazi per il banchinamento dei materiali, favorendo i traffici industriali. Più di 17 Km di distanza aerea (al tempo la funivia più lunga d’Europa) per unire la valle al mare, svalicando a 520 m, fra i boschi. Nel 1910-12 è costruita la prima linea delle funivie: per portare il cavo fu necessario aggiogare sei paia di buoi. La stazione di partenza, nel progetto originario, era fissata alla foce del Letimbro, ma venne poi realizzata nel porto. Pare che i notabili savonesi avessero ostacolato la realizzazione degli impianti, temendo che togliesse lavoro agli spedizionieri e ostacolasse la fattibilità del terzo valico. I finanziamenti per l'opera furono trovati all'estero. Nel 1917 nel grande parco terminale di san Giuseppe erano già state immagazzinate 200.000 tonnellate di carbone, 67.000 balle di cotone, 40.000 di acciaio. E in seguito: rottami di auto, minerali di ferro, manganese, cromo, sali, fertilizzanti, sabbie, pomici, trucioli di legno. Nell’arco di un decennio nello scalo savonese raddoppiano le tonnellate movimentate. Nel 1926 è inaugurato al Miramare il pontile d’accosto con quattro gru per lo scarico meccanico. Il pontile è lungo 130 metri, i pilastri di cemento poggiano sulla roccia: l’impianto di sbarco più potente d’Italia. La linea venne raddoppiata nel 1935. Il carbone trasportato dalle ferrovie aeree alimentava il potente polo chimico ed energetico valbormidese: Cockitalia, Montecatini, Ferrania. 


414 piloni a traliccio di altezza variabile, fino a 35 metri, il cavo portante è di acciaio, pesa 14 Kg a metro lineare. I vagonetti sono oltre 1200, quasi 140 Km di cavi portanti e rotaie, salgono e scendono lungo lo spartito aereo. A volte camminano, a volte no. Quelli in discesa aiutano il traino di quelli in salita: gravità verso il mare, solidarietà meccanica. Si calcola che i vagonetti, dal loro esordio, abbiamo percorso la distanza dalla terra alla luna quasi 9000 volte. Numeri e numeri. Alla fine della seconda guerra le Funivie occupavano settecento persone, oggi un centinaio. Il pontile Miramare è stato dismesso, il carbone viaggia su nastro trasportatore in un tunnel sotterraneo che parte dagli Alti Fondali della darsena savonese, dove accostano grandi navi portarinfuse, sottopassa l'Aurelia e sbuca a san Rocco, sulla collina del Valloria. Di qui il carbone si riaffida ai vagonetti aerei, fino alla piana di Bragno. Da san Rocco a san Giuseppe. 



Carlo Emilio Gadda nel 1938 scrisse per “Le vie d’Italia” (mensile del Touring) un articolo minuzioso: Le funivie Savona-San Giuseppe e la loro funzione autarchica nell’economia nazionale. Una relazione tecnica che descrive il funzionamento della “gru che sbraccia venti chilometri”, fra entroterra e costa: perfezione e grandiosità della macchina, con qualche squarcio panoramico su quelle valli che "come guardate da un aereo, si aprono solitarie e verdi sotto l’agile trasvolata: e i castagni e i pini le infoltiscono dei loro boschi silenti, se pur dominati da questo diuturno fragore della meccanica”. Ma è l’incipit geografico a colpire, una domanda: “Che cosa è un porto?”, con lo scrittore ingegnere e il lettore che osservano dall’alto la disposizione della terra e del mare, la sequenza ambiziosa di moli e calate, il governo dei flussi commerciali e degl’ingombri. “Ma quando la riviera strapiomba?” suggerisce Gadda “e il monte è subito giù, giù, con le sue radici vestite d’una mucillagine verde, giù nel glauco pauroso, dove non discendono, vivi, che i palombari?”.

Si fermerà il fragore della meccanica e l’insensatezza ambientale del carbone. Alle funivie tramontate farà seguito il business degli smaltimenti, delle passeggiate sulle bonifiche, delle eterne riconversioni. Mentre Savona strapiomba, con le gru che si vestono di mucillagine verde, e i vagonetti ancora spuntano fra gli angoli di cielo della Rusca e di Lavagnola, quasi una presenza affettiva, a punteggiare il cielo dell’autostrada, verso Cadibona, Altare, sfiorando i tetti di Bragno. Non è passato troppo tempo da quando, in valle, ci si arrischiava ad aggrapparsi al vagonetto, come mezzo di trasporto volante. Un domani, chissà, nido di uccelli migratori. Installazione artistica permanente, un mobile che sarebbe piaciuto a Calder. Vagonetti liberi nell’aria, senza fili.



Le immagini storiche sono tratte da Le ferrovie aeree Savona - San Giuseppe. Una sfida per il futuro, volume a cura di Mario Lorenzo Paggi e Bruno de Ruvo (Editrice Liguria 2004), edito dalla società funiviaria in occasione del centenario. Utile anche Un collegamento lungo un secolo. Cento anni di attività delle Funivie, voluto dalla società Dante Alighieri (Coop Tipograf 2012). L'ex voto è di Carlo Leone Gallo, custodito al Santuario di N.S. della Misericordia, Savona. La fotografia è di Alessandro Bechis.






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